Per quanto riguarda questa fattispecie lo Studio si è occupato di un caso nel quale è stata ritenuta la conclusione di un contratto verbale di mediazione tra le parti.
Com’è noto, l’art. 1754 c.c. dispone che: << E’ mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza
o di rappresentanza. >>.
Come da principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la configurabilità di un rapporto di mediazione non è necessario l’atto scritto, potendo l’incarico comunque essere desunto per facta concludentia, ossia attraverso l’utilizzazione consapevole dell’attività del mediatore.
Perciò, non sussiste alcuna necessità, per l’incarico di intermediazione, di una forma scritta “ad substantiam” ma, invece, come è stato sostenuto da attenta giurisprudenza di legittimità che: << Ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non è necessaria l'esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosene. >> (cfr. ex pluribus Cass. Civ., sez. II, 14/05/2018 n. 11656; conf. sez. III 09/02/2014 n. 25851).
Nel caso che ha interessato lo Studio, sussisteva proprio un incarico verbale, accompagnato addirittura dalla consegna delle chiavi dell’immobile da parte della proprietaria, al punto tale che si è ritenuto sussistere un contratto di mediazione ai sensi dell’art. 1754 c.c..
In considerazione di quanto sopra esposto, si è reso del tutto evidente come l’attività di mediazione ed il diritto alla provvigione fossero palesemente una conseguenza dell’incontro delle volontà dei soggetti interessati, essendo del tutto irrilevante che risultassero da dichiarazioni esplicite o che si manifestassero per comportamenti ed atti concludenti che non postulano un formale accordo tra le parti.